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La risarcibilità dei danni da illegittima segnalazione presso la Centrale Rischi di Banca d’Italia

Avv. Matteo Mammarella • lug 22, 2021

La grave crisi economica che caratterizza l’attuale periodo storico ha reso ancor più rilevante la problematica dell’accesso al credito. Crisi di liquidità e ridotta capacità di fornire garanzie rendono più difficoltoso per molte fasce della popolazione, ma in special modo per le piccole e medie imprese, accedere a forme di prestito o finanziamento. La centralità dell’accesso al credito, in molti casi vitale per la sopravvivenza dell’impresa, è stata rimarcata dal Tribunale di Roma con una recentissima sentenza nella quale la revoca dell'affidamento bancario, conseguente alla segnalazione di un imprenditore presso la Centrale Rischi della Banca d'Italia, è stata ritenuta idonea ad arrecare un pregiudizio grave ed irreparabile all'attività della persona segnalata, privata della possibilità di reperire la liquidità necessaria per la continuazione dell’attività d’impresa, soprattutto in questo momento particolare di notoria crisi generale del mercato[1].

Come noto l’accesso al credito viene concesso a fronte della positiva rilevazione, da parte dell’intermediario finanziario, del cosiddetto  merito creditizio[2], determinato da una serie di elementi relativi all’attività d’impresa o alla situazione economica e patrimoniale della persona fisica quali: il volume d’affari, l’esposizione debitoria, la preesistenza di precedenti prestiti o di altre forme di finanziamento in essere e il positivo adempimento degli stessi. Tali elementi consentono all’intermediario finanziario, in sede di sottoscrizione del contratto di finanziamento o nel corso della pendenza dello stesso, di valutare discrezionalmente il grado di affidabilità del cliente e i margini di accessibilità al credito, nonché di determinarne le condizioni di accesso. Pertanto è fondamentale che il merito creditizio sia valutato in maniera corretta al fine di non veder pregiudicato ingiustamente l’accesso al credito del cliente o imporre a quest’ultimo un costo del credito non rapportato alle sue reali condizioni economiche. A tal fine il legislatore, con l’emanazione degli artt. 124-bis e 125 del Decreto legislativo del 01/09/1993 n. 385 – Testo Unico Bancario, ha stabilito che siano individuati i parametri di riferimento che consentano una valutazione il più possibile certa ed oggettiva del merito creditizio, ancorando tale valutazione sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando una banca dati pertinente[3]. La Centrale Rischi assolve proprio a tale funzione: raccogliere dati di coloro che accedono all’attività creditizia sulla base di segnalazioni da parte degli intermediari finanziari che trattano i dati dei rispettivi clienti, memorizzare le criticità segnalate rispetto ai margini di affidabilità e solvibilità, restituendo ai medesimi intermediari finanziari il complesso delle informazioni raccolte sul singolo nominativo. Allo stesso modo, l’art. 125 del TUB pone in capo all’intermediario uno stringente obbligo d’informativa al Cliente che deve essere tempestivamente reso edotto della propria “reputazione creditizia[4].

Nel valutare il merito creditizio del singolo cliente l’intermediario finanziario, pertanto, si atterrà alle informazioni registrate dalla Centrale Rischi. Tale attività valutativa è stata oggetto di una regolamentazione stringente da parte della Banca d’Italia che, con la Circolare n. 139 dell’11 febbraio 1991, ha individuato una nozione d’insolvenza ai fini dell’iscrizione in Centrale Rischi non del tutto coincidente con l’insolvenza fallimentare. Tanto che la Corte di Cassazione è giunta ad affermare che si possa individuare una nozione levior d’insolvenza ai fini dell’appostazione a sofferenza (e della conseguente segnalazione in C.R.) rispetto all’insolvenza fallimentare[5]. In particolare la Banca d’Italia ha precisato che: “L'appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può originare automaticamente al verificarsi di singoli specifici eventi quali, ad esempio, uno o più ritardi nel pagamento del debito o la contestazione del credito da parte del debitore”[6].

L’importanza delle linee guida fornite dalla Banca d’Italia è stata recentemente ribadita in un interessante decisione emessa dal Collegio di Palermo dell’Arbitro Bancario Finanziario. Con la decisione del 01 ottobre 2020 n. 16876[7] l’.A.B.F. ha affermato che l’intermediario finanziario, nel valutare il merito creditizio del singolo cliente, debba attenersi alle istruzioni fornite dalla Banca d’Italia qualificando tali istruzioni alla stregua di “parametri di condotta destinati ad assumere un importante rilievo, pure nello spettro di una valutazione che sia volta ad individuare profili di responsabilità dell'istituto di credito nei confronti del proprio cliente e che muova i suoi passi sotto l'egida, oltre che dei canoni generali di correttezza e di buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., anche del canone della diligenza professionale di cui all'art. 1176, comma 2, cod. civ.”[8].

In tal modo l’A.B.F. ha ricondotto la condotta lesiva dell’intermediario finanziario entro lo schema della responsabilità contrattuale quale violazione dei principi di buona fede e diligenza nello svolgimento dell’attività professionale, secondo un’interpretazione costantemente condivisa da larga parte della giurisprudenza ordinaria e di legittimità.

La qualificazione dell’illegittima segnalazione in Centrale Rischi entro lo schema della responsabilità contrattuale ha rilevanti risvolti positivi in sede giurisdizionale per il cliente illegittimamente segnalato, in quanto l’onere probatorio in capo a quest’ultimo sarà molto meno gravoso dovendo egli limitarsi ad allegare l’esistenza di un titolo su cui si fonda il rapporto (il contratto di concessione del credito), l’inadempimento dell’ente concessore del credito il quale avrà trattato illecitamente i dati del proprio cliente segnalandolo ingiustamente presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia e il danno patito in conseguenza della segnalazione illegittima. Sarà onere dell’intermediario finanziario dimostrare che non vi è stato inadempimento, avendo questo ultimo correttamente valutato la situazione economica generale del cliente o che tale inadempimento non sia imputabile al medesimo ente concessore del credito. L’illegittima iscrizione in C.R. costituisce, pertanto, un’ipotesi di responsabilità contrattuale dell’intermediario finanziario quale illegittima utilizzazione dei dati personali del cliente. Tanto che la giurisprudenza di legittimità tradizionalmente l’ha qualificata come violazione del disposto di cui all’art. 15 del D.L.gs 196/2003 Codice Privacy[9] (oggi abrogato dal D.L. 101/2018 di recepimento del regolamento UE 2016/679 GDPR e sostituito dall’art. 82 di tale normativa comunitaria con una disciplina sostanzialmente analoga).

Parimenti la giurisprudenza di legittimità costantemente ha riconosciuto che tale illecita utilizzazione dei dati personali sia idonea a cagionare una responsabilità di tipo extra-contrattuale da attività pericolose ex art. 2050 c.c. La qualificazione della condotta dell’intermediario finanziario entro lo schema di cui all’art. 2050 c.c. aggrava l’onere probatorio in capo a quest’ultimo in sede processuale, potendo l’intermediario esimersi da ogni responsabilità solo con la prova del caso fortuito, dimostrando di aver adottato ogni cautela e di essersi avvalso delle migliori tecniche di prevenzione del danno. Nel caso di specie, fornendo la prova di aver valutato in maniera corretta la complessiva situazione patrimoniale del Cliente ed evidenziandone i presupposti per poter ritenere quest’ultimo in stato d’insolvenza. Per converso, il Cliente illegittimamente segnalato che intenda vedersi riconosciuto in giudizio il risarcimento per i danni subiti avrà un onere di allegazione meno gravoso rispetto ad una normale ipotesi di responsabilità aquiliana ma, tuttavia, non insussistente, potendo altresì dimostrare il danno anche solo tramite presunzioni semplici. Al riguardo, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che il danno patito dal cliente per effetto dell’illegittima iscrizione nella Centrale Rischi vada compiutamente provato ed allegato, sia che lo si intenda qualificare come responsabilità contrattuale, sia che lo si qualifichi come responsabilità extra-contrattuale ex art. 2050 c.c., non potendo qualificarsi un danno risarcibile per illecita segnalazione “in re ipsa”[10].

Venendo più compiutamente ad analizzare i pregiudizi che il cliente potrà lamentare in giudizio, quest’ultimo certamente potrà vedersi riconosciuto il danno patrimoniale costituito dal mancato incremento patrimoniale derivante dal diniego di accesso al credito fondato proprio sulla sussistenza di un’illegittima iscrizione in Centrale Rischi a suo carico. Analogamente potrà essere risarcito il lucro cessante costituito dai mancati ulteriori guadagni che, mediante l’impiego delle somme richieste a credito, il cliente avrebbe potuto realizzare. A tal fine, tuttavia, il cliente illegittimamente segnalato dovrà dimostrare il nesso di causalità tra l’illegittima segnalazione e il danno patito, dimostrando di non aver potuto accedere al credito proprio in ragione dell’illegittima segnalazione nonché di non aver potuto realizzare, in conseguenza della stessa, gli ulteriori maggiori incrementi patrimoniali.

Allo stesso modo, andrà compiutamente provato il danno non patrimoniale in capo al correntista/cliente illegittimamente segnalato in termini di danno all’immagine (professionale per l’imprenditore e personale per le persone fisiche), sempre che, al fine di poter essere risarcito, superi una soglia minima di tollerabilità. Il giudice dovrà, pertanto, accertare l'esistenza del danno in questione, verificando se e in quale misura l'illegittima segnalazione presso la Centrale dei Rischi abbia arrecato pregiudizio all'immagine pubblica della persona giuridica, con conseguente necessità di un'indagine sulla diffusione della notizia diffamatoria, sulla sua percepibilità da parte della collettività, sulla possibilità per fornitori e clienti di riconnettere il declino societario a quella notizia, nonché sull'eccedenza del danno rispetto alla soglia della normale tollerabilità[11].

Diversamente, la Corte di Cassazione ha riconosciuto che per quanto concerne la liquidazione del danno, ove compiutamente provato ed allegato ed in presenza di una concreta difficoltà a quantificarlo esattamente, possa essere risarcito anche in via equitativa[12]. Si pensi al danno non patrimoniale in cui non vi è una perdita economica esattamente quantificabile, oppure in quelle eventualità in cui il danno economico attenga ai mancati guadagni futuri non esattamente determinabili. Ebbene in siffatte ipotesi la Cassazione ritiene quantificabili i danni derivanti dall’illegittima segnalazione in Centrale Rischi anche equitativamente.

In conclusione, si rileva che la Centrale Rischi costituisce il contemperamento tra due differenti posizioni giuridiche entrambe meritevoli di tutela: da un lato l’esigenza per il sistema creditizio di avere una banca dati di segnalazioni che consenta di verificare in maniera oggettiva l’affidabilità del cliente e, per converso, la tutela del correntista /cliente a far sì che le informazioni che vengono raccolte dalla Centrale Rischi siano corrette, rispondenti alla sua reale situazione economica e contabile e, pertanto, non ingenerino danni ingiusti quali, appunto, l’impossibilità di accedere al credito o l’accesso a condizioni di maggior costo per effetto di una segnalazione erronea e, pertanto, illegittima.


[1] Tribunale Roma sez. XVI, 11/01/2021. Fonte: De Jure – Redazione Giuffré 2021

[2] Per merito creditizio s’intende la capacità del soggetto che intende accedere a servizi di credito di far fronte ai propri impegni economici e le sue prospettive di solvibilità, avuto riguardo alla sua situazione economica complessiva. Tali elementi vengono valutati all’atto di concessione del credito proprio al fine di determinare innanzitutto la possibilità di accedere al credito e, in caso positivo, le condizioni economiche da applicare: un maggior merito creditizio darà accesso a condizioni economiche più favorevoli

[3] Cfr art. 124 bis comma 2 Decreto legislativo del 01/09/1993 - N. 385 – TUB.

[4] cfr. art. 125 Decreto legislativo del 01/09/1993 - N. 385 – TUB

[5] cfr. Cassazione civile sez. I, 15/12/2020, n.28635

[6] cfr. Circolare Banca d’Italia n. 139 dell’11 febbraio 1991, pag. 43.

[7] “l’accertamento di siffatto imprescindibile presupposto non può conseguire, in modo automatico, dal semplice rilievo dell'esistenza di una partita debitoria ovvero dall’accertamento di ritardi nel pagamento di un debito, ma presuppone una valutazione negativa della intera situazione patrimoniale del segnalando, apprezzabile come "deficitaria", ovvero come di "grave difficoltà economica". ABF- Arbitro Bancario Finanziario – Collegio di Palermo - Decisione N. 16876 del 01 ottobre 2020

[8] ABF- Arbitro Bancario Finanziario – Collegio di Palermo - Decisione N. 16876 del 01 ottobre 2020

[9] Cfr. Cassazione civile sez. I, 08/01/2019, n.207

[10] In caso di illecito trattamento dei dati personali per illegittima segnalazione alla Centrale dei rischi, il danno, sia patrimoniale che non patrimoniale, non può essere considerato "in re ipsa" per il fatto stesso dello svolgimento dell'attività pericolosa. Anche nel quadro di applicazione dell'art. 2050 c.c., il danno, e in particolare la "perdita", deve essere sempre allegato e provato da parte dell'interessato. Cassazione civile sez. I, 08/01/2019, n.207

[11] Corte appello Napoli sez. VII, 22/01/2021, n.225 Fonte: Redazione Giuffrè 2021

[12] Cassazione civile sez. I, 08/01/2019, n.207


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